lunedì 7 aprile 2008

L' Università friulana

Da uno sguardo abbastanza immediato dei dati presentati dal rettore dell' università all'inaugurazione dell'anno accademico lo scorso 14 gennaio, emerge con rilevanza quanto segue.
Per cominciare nell'anno accademico in corso Udine ha raggiunto un primato a livello italiano, aumentando il numero dei suoi immatricolati di 3 mila 420 unità, pari al 6,7% sull'intera popolazione universitaria. A 30 anni dalla sua fondazione l'ateneo friulano conta ben 10 facoltà, 28 dipartimenti, attraverso cui offre ai suoi studenti 44 corsi di laurea triennale, 49 di laurea magistrale, 20 master, 20 corsi di dottorato di ricerca e 32 scuola di specializzazione; come se non bastasse è dotata della scuola di specializzazione all'insegnamento nelle scuola secondarie (la Siss), che, a fronte di una tassa annuale pari a circa 1700 euro e di corsi giudicati snervanti o inutili, permette ai suoi iscritti, a fronte di un certificato di abilitazione all'insegnamento, un più rapido inserimento nel mondo del lavoro. Inutili poiché in tali corsi vengono, a detta degli studenti, affrontati solamente temi altamente circoscritti o vere e proprie monografie che servono più agli insegnanti (visibilità, prestigio) che agli studenti stessi. Per finire l'uiversità friulana, fondata nel 1977 ma attivata dall'anno seguente, si estende dalla sede centrale di Udine a quelle di Gorizia (2000 studenti) e Pordenone (1000) con presenze e iniziative a Cividale, Cormons, Gemona, Gradisca d'Isonzo, Mestre, Tarcento e Tolmezzo. Come capofila del Friuli dell'innovazione l'ateneo gestisce il parco scientifico e tecnologico di Udine, inoltre ha attivato 12 centri interdipartimentali. Attorno a questa Università ruotano circa 20 mila persone, pari a un quinto della popolazione cittadina.

È facile dedurra allora, ragionando in breve su questo quadro come il polo universitario udinese, seppur relativamente giovane, appaia come un centro di notevole interesse innanzitutto provinciale, non trascurando l'importanza che esso assume poi a livello regionale, soprattutto nella concorrenza con Trieste, e a livello sovra-regionale, in sinergia con i progetti relativi all' euroregione più volte sottolineati dallo stesso Illy e dal rettore. Centro di interesse verso cui vengono convogliate attenzioni, pressioni, risorse, ai fini soprattutto di una qualificazione dell'immagine.
Proprio quest’anno Udine ha superato Trieste per quanto riguarda i suoi iscritti. L' università rappresenta per le imprese del territorio, che hanno ormai da tempo avviato con l'ateneo una sorta di businness plan competiton, che trasforma in imprese le idee nate nei laboratori (la business plan è attiva da 5 anni). Si pensi ad innovaction, l'annuale appuntamento con l'innovazione promosso e organizzato dalla Regione con Udine e Gorizia fiere e con l'Università degli studi di Udine. Intesa San Paolo e Cassa di risparmio sostengono la manifestazione in qualità di parter.
La logica dei finanziamenti, direttamente proporzionale al numero di immatricolati (più ce ne sono più fondi statali e non arrivano), rischia di:

-condurre il sistema universitario friulano ad una progressiva implosione, soffocato da una concorrenza che in altre regioni (vedi Veneto per esempio) è sicuramente più agguerrita: il sistema economico su cui l'università intende puntare, ovvero il modello della piccola media impresa, a fronte di processi più vasti e di più ampia portata appare oggi in crisi, non in grado di reggere competitori più potenti. Si rischierebbe allora di “produrre” una sorta di fuga dei cervelli friulani, costretti ad emigrare in cerca di lavoro. Mi chiedo allora quanto friulana, autoctona sia questa Università nata sulle ceneri del terremoto.

-Dequalificare progressivamente l'offerta formativa: 10 facoltà forse per un'università come la nostra appaiono francamente un po'eccessive e immotivate. A ciò si aggiunge un dato, prima non menzionato. Udine è tra i poli universitari italiani tra i messi peggio tra i docenti di ruolo richiesti e quelli che insegnano nei vari corsi. Ad esempi la facoltà di Giurisprudenza dispone di 23 docenti di ruolo, mentre ne richiederebbe 48. Solo le facoltà di Scienze della formazione e di Agraria invece dispongono di docenti di ruolo in numero eccessivo rispetto a quelli richiesti. Certi corsi di laurea terminano con la laurea triennale e non proseguono nella laurea specialistica. A cosa serve tutto ciò? Allo studente no di sicuro.
Cosa può dare allo studente un corso di laurea che termina in tre anni? Quante probabilità di inserimento nel mondo del lavoro?

Senza propagandare slogan elettoralistici chiediamo una radicale revisione dei corsi, e possibilmente chiediamo l'abrogazione dei corsi senza lo sbocco specialistico. Chiediamo poi una forte riduzione degli stessi corsi a fronte di un potenziamento e una concentrazione della “potenza” offermativa. L'Università non deve essere assimilata ad un grande supermercato in cui vi si rova di tutto e di più, in cui la scelta è quanto mai difficile per l'alta specializzazione dei prodotti. Specializzazione non equivale in questo senso a formazione, ma rientra in una logica politica fondata sull'immagine e il mercato.
Il polo friulano deve poi concretamente assumere un atteggiamento realista e razionalista. Ovvero, poiché la maggior parte dei suoi studenti sono friulani, deve REALMENTE valorizzare quelle che sono le peculiarità stabili, attuali e preminenti del suo territorio:

1)il patrimonio linguistico-antropologico-storico e l'importanza del Friuli come ponte (dopo Schengen) verso l'Europo dell'est;

2)cultura della pace, dato il ruolo altamente auspicabile anche dalla stessa Unione europea, della funzione di stimolo della reciproca comprensione linguistica e culturale; inoltre ricordiamo che le culture non sono genericamennte delle entità contenitrici di elementi fissi e immutabili, ma occorre scoprire quali sono i processi evolutivi a cui vanno incontro (capitolo globalizzazione);

3)il rilevante patrimonio scientifico che contraddistingue molti 15enni friulani (indagine Ocse- Pisa del 2006) merita di non essere sprecato: le competenze matematiche molto alte e la facile predisposizione alla lettura dei nostri ragazzi rilevano che il Friuli Venezia Giulia è un terreno buono su cui puntare per la ricerca scientifica, non soltanto per l'innovazione pro impresa;

4)la sperimentabilità del Friuli Venezia Giulia, ovvero la sua collocazione a laboratorio di ricerca, conseguenza della sua recente ascesa rispetto ad altre regioni più storiche, può giocare un ruolo rilevante.

Un modello in questo senso è rappresentato da una sede universitaria come Siena. Tale capoluogo di Provincia è più piccolo di Udine eppure ha saputo sviluppare un'università molto valida e conosciuta a livello nazionale puntanto su poche facoltà ma avvalendosi di eccellenti e preparati professori. Come Siena anche Pisa, per esempio.
A sostegno di questo discorso desidero rilevare una differenza notevole tra polo scientifico e polo umanistico, molto più trascurato. Se evidentemente si ritiene che dedicarsi ad una materia umanistica sia infruttuoso e poco remunerativo per chi amministra l'Università, almeno si fornisca a tali studenti la possibilità di un facile inserimento nel mondo della preparazione all'insegnamento. Se trovare lavoro nel campo industriale per uno studente di lettere risulta improponibile, si faccia comunque in modo che tale laureato non sprechi in toto i suoi anni di studi, ma almeno possa inseguire il sogno della possibilità di far valere il suo titolo di studio.

A conclusione di tale riflessione, desidero spendere due parole di monito. Attenzione che la ricerca a servizio delle imprese NON è VERA RICERCA, ma termina nel momento del concepimentodel brevetto che cristallizza un processo che AVREBBE potuto continuare. La ricerca a servizio delle imprese ha come fine la produzione, non la conoscenza, poiché prima o poi deve fruttare all'interno di un processo produttivo e di mercato. Tale ricerca è brevettazione. Il limite principale di questo approccio, facilmente intuibile del resto, è la sua temporaneità, la sua limitazione temporale, frutto di un'esigenza che è insieme economica e strutturale: cambia il mercato, cambiano le esigenze, e cambia pure la ricerca che diviene instabile e poco redditizia per l'Università. Se si vuole creare un rapporto di colaborazione con le imprese e con il modo del lavoro, tale rapporto deve avvenire secondo una mutua crescita e una mutua corrispondenza.

Nessun commento: